Una madre che, con grande forza d’animo, riesce ad emancipare sé stessa, le sue 4 figlie, il suo quartiere, ne ‘Il miracolo dell’acqua’ di Vincenza Russotto. Licata, anni ’60

Mia madre nacque nel 1928 a Licata. Gli anni della sua gioventù furono gli anni della guerra. La sua famiglia per stare lontana dai pericoli della guerra si trasferì in campagna insieme a tante altre famiglie. Ogni giorno c’era il problema di mettere insieme il pranzo e la cena, ma mia madre raccontava che non mancava il necessario. Avevano la farina per fare il pane, i legumi e la verdura delle loro campagne, la frutta che raccoglievano dagli alberi. Stavano tutti insieme, genitori, fratelli e sorelle, in una baracca, ma erano felici. La sera qualcuno raccontava storie, imparavano filastrocche che ricordava da adulta e ripeteva a noi bambini; una in particolare non la dimentico: “Scuttuliddra intra a pignata / A so mamma ratta e pila / A funtana sicca / A finestra sbatta…”.
(Bimba scottata nel pentolone / la mamma si graffia e si tira i capelli / la fontana non dà più acqua / la finestra sbatte…)

A 17 anni sposa ad un giovane soldato

Quando c’è stato lo sbarco degli alleati il 10 luglio del ’43, la mamma e i suoi parenti assistettero in diretta all’avvenimento. Dalla collina in cui si trovavano videro le migliaia di navi che riempirono il mare e l’orizzonte e non capirono subito che erano gli americani. Erano terrorizzati e i contadini nascondevano le figlie nei luoghi più impensati. La mamma si ricorda che era stata nascosta per ore sotto il forno, dove di solito si tiene la legna. Poi si sparse la voce che erano amici e che la guerra era finita. Nella gioia di quel periodo mia madre, giovanissima, fu promessa sposa ad un giovane soldato che di li a poco sarebbe stato congedato e dopo un anno, a soli diciassette anni, lo sposò. Mia madre era una bella brunetta con i capelli ricci e neri e le piaceva molto questo soldato che aveva gli occhi azzurri, i capelli biondi e i modi ingentiliti dai quattro anni passati lontano dalla fatica della campagna. Fu una sposa felice. Peccato che dati i tempi non riuscirono a fare neanche una foto nel giorno del loro matrimonio e così non abbiamo mai visto come erano quel giorno. Ho sempre immaginato che mia madre avesse i begli occhi neri brillanti e mio padre orgoglioso che la stringeva a se felice. Le prime foto che abbiamo visto di mia madre e mio padre risalgono a parecchi anni dopo. Una la ritraeva incinta di me, ma erano già passati dieci anni dal loro matrimonio. Sì, per dieci anni non vennero bambini e questo fu per loro motivo di dolore e preoccupazione. Erano una coppia affiatata, mio padre portava mia madre al cinema e a passeggio, e lei senza figli ben presto si annoiò e chiese al marito di portarla a lavorare in campagna insieme a lui.
Si capì da subito che non era fatta per stare in casa, che i lavoretti per tenere pulita la casa e cucinare per il marito non le bastavano, la annoiavano e così diventò una contadina.

Acqua e fognature per il quartiere

Si alzava presto la mattina, faceva il caffè e andava a lavorare nei campi insieme a mio padre. Furono anni felici. Erano molto uniti, ma gli anni passavano e i figli non arrivavano. Essendo dei gran lavoratori, riuscirono a comprare il terreno su cui edificare la loro casa e cominciarono a costruirla pian piano. Prima il grezzo, poi le varie rifiniture. In quella stessa casa abitarono tutta la vita e crebbero noi figli. Poi comprarono dei terreni agricoli ed erano molto dispiaciuti che i parenti invidiosi cominciassero a dire che era ridicolo che si dessero tanto da fare, perché comunque non avendo figli dovevano lasciare tutto a loro, e che si ammazzavano di lavoro inutilmente. Fatto sta che dopo dieci anni di questa vita, dopo una visita da uno specialista di Catania mia madre cominciò a fare figli e negli anni ne fece ben cinque: quattro femmine ed un maschio che mio padre desiderò tantissimo e che alla fine arrivò per la sua soddisfazione. In quei dieci anni, dai 17 ai 27 anni, mia madre non solo lavorò nei campi ma si diede da fare perché nel quartiere arrivassero l’acqua e le fognature. Erano tempi in cui le fognature non esistevano, i bisogni venivano fatti nelle stalle; ogni contadino proprietario di terreni aveva un mulo e quindi una stalla. Chi non ne possedeva versava i liquami nelle strade e solo la pioggia riusciva a pulire la sporcizia delle strade sterrate e a mitigare la puzza. Non fu facile fare arrivare acqua e fognature nel quartiere oltre ponte, tanto che passarono altri anni. Nei miei ricordi di bambina c’è infatti la stalla ed il mulo di cui avevo un po’ paura.

L'”annata bona” con le figlie femmine 

Si perché dopo dieci anni di matrimonio finalmente sono nata io, la prima, la maggiore, quella che ricorda meglio quegli anni. Mio padre che ogni sera ripuliva la stalla, l’odore che impregnava tutta la nostra casa; i bisogni fatti nella parete in fondo alla stalla, ai piedi del mulo, le pezze che sostituivano la carta igienica che ancora non esisteva, la cucina col focolare, le pentole annerite, la biancheria lavata nella pila di legno stagnato, il sapone molle e l’azolo per non fare ingiallire la biancheria bianca. Poi è arrivata una sorellina ed ero molto felice. Mio padre si consolava, perché la nascita delle figlie femmine gli portava “l’annata bona”, ovvero raccolti favolosi. Diceva che ad ogni nascita di una figlia femmina aveva comprato un terreno. La mamma era sempre attiva: puliva, cucinava, andava anche in campagna ad aiutare mio padre, e raccoglieva firme nel quartiere per fare arrivare acqua e fognature. Fu la prima nel rione a fare il contratto per l’acqua diretta. Grande fu la sua felicità, aprire il rubinetto e veder sgorgare l’acqua era un miracolo; certo l’acqua non è mai stata abbondante a Licata e, prima del dissalatore di Gela, arrivava anche una volta al mese. Ma ci si industriava a conservarla ed usarla con parsimonia.

Il sogno di un negozio tutto suo

Adesso la domenica facevamo il bagno, prima la sorellina ed io, poi mia madre e in ultimo mio padre, nella stessa acqua ma in una vasca vera; e finalmente avevamo in casa il bagno col gabinetto, il bidet, il lavabo e la vasca da bagno. Il bagno domenicale era un rito che rendeva tutti felici. Mia madre nel frattempo coltivava un sogno, quello di aprire un negozietto. Suo padre dopo la guerra si era messo a vendere frutta e verdura e mia madre voleva un negozio di generi alimentari. All’inizio sembrava impossibile, e invece i sogni a volte si realizzano, e così non si sa come ci riuscì. Io avevo circa otto anni e mia sorella cinque e lei aprì la sua “putia” sotto casa. Era così gentile ed affabile che nel giro di pochi mesi conquistò tutto il quartiere. Cominciarono a chiamarla “a Za Cruci”, e venivano tutti a comprare al suo negozietto. Anche io la aiutavo quando potevo.

Guadagnava più del marito

Lei aveva fatto solo la scuola elementare, ma sapeva scrivere e far di conto benissimo; sapeva parlare in italiano con i vari rappresentanti delle ditte, se la cavava in banca, alle poste e in tutti gli uffici necessari, e faticava sempre col sorriso sulle labbra. Non tutti i clienti potevano pagare subito in contanti e lei aveva un quaderno dove segnava i debiti. Gli abitanti del quartiere la pagavano come potevano e le erano riconoscenti per questo. Poche persone le hanno dato qualche fregatura, in genere tutti pagavano con gratitudine.
Quando uscivamo a fare una passeggiata ricordo che tutte le persone salutavano mia madre soprattutto nel quartiere ed io ne ero molto orgogliosa. Andò a finire che la mamma si trovò a guadagnare più di papà che faticava in campagna, e come tutti i contadini non era mai certo dei guadagni dell’annata. Mia madre ben presto rappresentò la stabilità e la sicurezza per la nostra famiglia, ma non mancò mai di rispetto a mio padre, e lo amò sempre, anzi a volte viziandolo perché allora non era facile cambiare la mentalità del capofamiglia che voleva essere amato e rispettato e mia madre non voleva guerre in casa.

Sull’ape a faticare in campagna

Riuscì a conciliare i suoi doveri di moglie e madre con il suo lavoro. Era sicuramente faticoso ma sorrideva ed andava avanti ed era felice e soddisfatta tra le sue clienti. Ricordo che prima di Natale tutti preparavano i dolci fatti in casa, e il negozietto era sempre affollato. Mia madre conosceva tutte le ricette per fare i biscotti al latte, le ‘minnolate e i mastazzoli’… Così dosava la giusta quantità di farina, zucchero, strutto, uova, vaniglia, cannella e tutto quanto serviva per la realizzazione di questi dolci. Io la aiutavo quando potevo, cioè tutti i pomeriggi visto che la mattina andavo a scuola ed era bello stare li a servire i clienti, chiacchierare, consigliare. Studiavo la sera e la domenica. A volte però, quando mio padre aveva bisogno, la domenica e i giorni festivi andavamo in campagna ad aiutarlo. Quello si che ci pesava. Bisognava alzarsi la mattina presto e d’inverno col freddo era pesante. Poi salivamo sulla motoape, non avevamo la macchina, e via. In campagna si faticava parecchio ma la mamma per consolarci aveva sempre con se delle buone merende, dolci fatti da lei, che dormiva poco e si alzava prestissimo per arrivare a fare tutto il necessario.

La libertà alle donne? Solo con l’indipendenza economica

Nel 1968, quando io avevo solo quattordici anni, si formò il movimento femminista e alla radio e alla televisione se ne parlava tanto. Si videro i primi cortei di donne che reclamavano i propri diritti: al lavoro, all’indipendenza economica, e poi al divorzio e all’aborto. Mia madre non faceva cortei ne sbandierava reggiseni, lavorava in silenzio e col sorriso, faticosamente conciliava il suo essere moglie e madre al suo lavoro e ci spiegava che solo l’indipendenza economica può dare la libertà alle donne, e così ci spingeva a studiare, a prepararci per una professione, mi ricordo che ci diceva che è troppo bello avere i propri soldi e poter comprare le comodità che rendono la vita più piacevole e meno faticosa. E così a casa nostra arrivarono la lavatrice, il ferro da stiro elettrico, il televisore, la stufa per l’inverno. E poi i vestiti, i cappotti e le coperte di lana. Ed nel frattempo anche altre due sorelline ed un fratello.
Tutti e cinque siamo cresciuti secondo l’insegnamento di mia madre; tutte e quattro le figlie ci siamo preparate alla vita studiando e lavorando, senza mai dimenticare il coraggio e la determinazione a perseguire i propri sogni che brillavano nei suoi occhi, e che oggi brillano nei nostri.


Il miracolo dell'acqua - Vincenza Russotto Virginia Woolf Project 3

Vincenza Russotto, 65 anni, dopo aver svolto la professione medica, è ora in pensione.
Questo ritratto familiare è il suo esordio come scrittrice.


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