Il ‘nonno’ aveva alzato un muro perché altri non vedessero la moglie: “Le femmine sono schiave” è il monito della nonna alla nipote emancipata. Che non vuole versare sale sulle ferite.

“Le femmine sono schiave”.
Una frase del genere pronunciata da mia nonna mi sorprende non poco. Mia nonna è la donna più dolce al mondo, così dolce che mi verrebbe di chiamarla mansueta, un aggettivo che solitamente riservo agli animali, quelli belli e indifesi. Ma è la verità. È silenziosa, gentile, e se qualcuno si arrabbia con lei rimane mitemente in silenzio, in attesa che la persona si calmi. Quando mi dice questa frase mi sta raccontando del suo matrimonio, di tutte le cose che mio nonno le ha fatto subire. Mentre le ascolto penso a due cose: dovrei provare a spiegarle che da quando lei era giovane migliaia di donne hanno lottato per migliorare la loro condizione? Posso chiamare ‘nonno’ un uomo che si è comportato in questo modo?

Il muro

Non ho mai conosciuto mio ‘nonno’ perché è morto molto prima che io nascessi, quando mia madre era ancora giovane. Le uniche occasioni in cui mi è stato menzionato è stato quando prendevo bei voti a scuola, e allora mia madre mi informava di quanto suo padre ne sarebbe stato orgoglioso. Si sarebbe messo a ballare per la contentezza. Oppure, veniva ricordato per il suo amore per i semifreddi e le pesche con il vino. Quando era ancora in vita, la nonna gli preparava i dolci la domenica. Gli piacevano, come gli piaceva anche guidare di notte. A parte queste brevi menzioni, il suo ricordo si è sbiadito negli anni, e la sua assenza non è mai stata prepotente. Non sono sicura che i suoi figli si siano resi conto delle limitazioni che imponeva alla loro madre. Una volta mio zio mi ha detto che mio nonno aveva tirato su un muro – un muro – sul lato del balcone in modo che gli altri non vedessero mia nonna, altrimenti esposta ai loro sguardi durante i lavori domestici. L’ho guardato con gli occhi sbarrati, ma lui non è sembrato accorgersene. Ho avuto quasi l’impressione che gli sembrasse quasi bello che suo padre fosse geloso di sua moglie a quel modo. Mia nonna mi ha detto che suo marito non voleva che uscisse, che la invitava a entrare dentro casa se si fermava per troppo tempo sul balcone, che la sgridava se la tavola non era apparecchiata alle undici che la obbligava a restare in piedi a pulire mentre lui si andava a riposare dopo il lavoro.

Quella bevanda a base di prezzemolo

Mia nonna mi ha detto che suo marito aveva anche provato a farla abortire usando i metodi del tempo. Una donna specializzata in questi affari gli aveva dato una ricetta di una bevanda a base di prezzemolo che mia nonna avrebbe dovuto bere. Mia nonna fiutò qualcosa, bevve solo una parte della bevanda, si sentì male, e alla fine una dei due gemelli che portava in grembo nacque morta. La femminuccia.
La frase sulle ‘femmine’ di mia nonna mi colpisce tanto non solo perché pronunciata dalle sue labbra gentili, ma anche perché è la seconda volta nel giro di una giornata che sento qualcosa di simile.

“Sempre lavorano le femmine”

Mi sono trasferita da poco con il mio compagno in un appartamento a piano terra del centro storico della mia città. Di fronte a noi abita una vecchia, adorabile coppia. Questa mattina stavo pulendo le finestre quando mi sono fermata per chiedere all’anziana signora come stesse. Dopo avermi raccontato dei suoi soliti dolori, ha notato la mia attività e ha commentato che “sempre lavorano le femmine, sempre, anche quando non stanno bene”. Mi sono fermata un attimo e ho annuito. Non ho avuto il coraggio di dirle che dentro l’appartamento il mio compagno stava lavando il pavimento, che entrambi stavamo lavorando per pulire la casa. Codardamente mi sono detta che la vecchia signora non avrebbe capito. In passato, quando mi sono fermata ad ascoltare le sue storie, si interrompeva di tanto in tanto e mi chiedeva se per caso non dovessi rientrare a casa per non far arrabbiare il mio compagno.

I diritti che noi ‘femmine’ abbiamo conquistato

Saluto mia nonna con un bacio. Mi piace vedere i suoi occhi brillare, quegli occhi buoni che ne hanno viste davvero tante. Per tutto il tragitto che faccio a piedi verso casa mi chiedo quanto sia stata difficile la vita di queste donne, madri, sorelle e mogli. Se mi mettessi a parlare con loro dei diritti che noi ‘femmine’ abbiamo conquistato e quelli per cui stiamo ancora combattendo non sarebbe come versare sale sulle ferite? Ma soprattutto, mi crederebbero? Non sono abbastanza coraggiosa per andare in fondo a queste domande. Quando arrivo a casa il mio compagno, un uomo alto e piazzato, mi sta aspettando fuori dalla porta. Lo guardo tra il preoccupato e il divertito. Mi dice che ha visto uno scarafaggio nel nostro appartamento ed è troppo terrorizzato per rientrarci da solo…


Fabiana Lubelli è nata a Mesagne nel 1991, è laureata in Filologia Moderna con lode all’Università Cattolica del Sacro Cuore di Milano con una tesi in letteratura inglese. Ha pubblicato una raccolta di poesie, con il Raggio Verde, intitolata ‘Con Me’; attualmente lavora come insegnante presso la scuola QSI di Brindisi, continuando a coltivare la sua passione per la scrittura. La sua pagina Facebook: ‘Con Me di Fabiana Lubelli’


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