I coniugi Leonard e Virginia Woolf vedono in una vetrina una macchina da stampa: nasce così la Hogarth Press. Audio/Testo


Durante una passeggiata Leonard e Virginia Woolf si fermano “come due bambini affamati di fronte alla vetrina del pasticciere”.
Quella vetrina espone un incanto: una macchina da stampa piccola e maneggevole. I due se ne innamorano e immediatamente decidono di comprarla. La sistemano nella loro sala da pranzo, nella Hogart House a Richmond, dove vivono. Imparano l’arte tipografica in fretta e dopo solo un mese pubblicano il loro primo libro illustrato. Iniziano a stampare, rilegare, impacchettare, imballare e spedire i loro libri. E Virginia compone personalmente a mano per la macchina da stampa La terra desolata, un poemetto di Eliot. Leonard e Virginia, prima di quella scelta impulsiva, non avevano mai utilizzato un torchio manuale per la stampa. Virginia conosce solo l’arte della rilegatura, di cui è appassionata da quando è piccola, lei ama proprio la carta, sarebbe in grado di percorrere tutta Londra per andare a comprare un determinato quaderno. Leonard, però, ha naso per gli affari. Così riescono a mettere su in poco tempo questa casa editrice dal nulla, e imparano a usare la macchina seguendo le istruzioni del manuale incluso nella scatola del torchio tipografico. Tutte le case in cui hanno abitato tra il 1917 e il 1941 — da Richmond, a Mecklenburg Square, passando per Tavistock Square — furono sempre grandi a sufficienza per ospitare l’impresa e gli assistenti. Il primo libro rifiutato dai Woolf fu l’Ulisse di James Joyce. Anche se sembra che in realtà il rifiuto fu motivato soprattutto dall’impossibilità dei Woolf di stampare un’opera così impegnativa e lunga, soprattutto tipograficamente. La terza opera pubblicata dai Woolf fu Prelude, un racconto della scrittrice neozelandese Katherine Mansfield. Leonard intanto insiste perché Virginia continui a scrivere. Ma lei per farlo, per trovare concentrazione, deve seguire la sua routine: inizia rovistando nei cassetti finché non trova le sigarette, ne infila una nel lungo bocchino ed esce. Attraversa il frutteto e raggiunge la sua stanza in giardino. Chiude la porta dietro di sé, sa che lì non verrà disturbata. Si siede a un tavolo e inizia a scrivere su fogli verde acceso, Dopo la guerra lei e suo marito si trasferiscono da Richmond a Bloomsbury e si portarono dietro la Hogarth, che continua a rappresentare uno dei loro interessi principali. Quell’armamentario occupa buona parte della grande casa in cui vivono. Virginia lì utilizza come studio un’immensa stanza seminterrata sul retro della casa, ricolma di libri, cartoni, pacchi di volumi non rilegati e manoscritti della casa editrice. Nei suoi diari, che scrive quasi ogni giorno, per una quotidiana mezz’ora dopo il tè, annota: «I miei amati libri col dorso di pelle, così belli, ritti sugli scaffali, un bel fuoco, la luce elettrica, un’enorme massa di manoscritti, lettere, bozze, penne e inchiostri sul pavimento e un po’ dappertutto».
Ci sono accatastate anche alcune grandi tele di sua sorella, Vanessa, e di altri artisti. Una volta lì, Virginia si muove tra libri e fogli come tra le rocce della grotta sottomarina dei personaggi dei suoi libri. Virginia Woolf fa una vita riservata e scrive: «La luce dei riflettori non fa per me: la luce in cui lavoro al meglio è quella del crepuscolo». Infatti le sue apparizioni pubbliche sono rare, ma riscuotono notevole successo; il suo distacco aumenta il suo prestigio. È alta, aggraziata, molto snella, dicono soffra di anoressia, ma è estremamente vitale. Un artista, seduto accanto a lei durante una serie di concerti del quartetto Léner, disse subito dopo: «Mi fa pensare a un falco ghiacciato; è così calma, e così attenta». In una lettera Virginia Woolf scrive: «Vorrei tanto tu potessi abitare il mio cervello per una settimana. È inondato dalle più veementi ondate di emozioni. Inizia con il risveglio e non so mai cosa mi aspetti: sarò felice? Sarò sconsolata? Lascio fare, mi impegno in meccaniche attività manuali, sistemo la macchina da scrivere, ordino la cena».

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Bibliografia essenziale, per approfondire
Virginia Woolf, Spegnere le luci e guardare il mondo di tanto in tanto. Riflessioni sulla scrittura. A cura di Federico Sabatini (minimum fax)
Virginia Woolf, Diario di una scrittrice. Prefazione di Ali Smith, introduzione di Leonard Woolf (minimum fax)
Virginia Woolf, Ritratto della Scrittrice da giovane (Utet)
Winifried Holtby, Virginia Woolf (Castelvecchi)


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